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Zinnemann, Fred.

Regista cinematografico statunitense di origine austriaca. Studiò tecnica del cinema a Parigi dove iniziò la sua carriera come aiuto operatore per la Marche des Machines di E. Deslaw (1928). Spostatosi a Berlino, continuò a svolgere tale attività collaborando come assistente a Menschen am Sonntag, girato nel 1929. Si trasferì quindi a Hollywood, dove figurò come comparsa in All quiet on the western front di L. Milestone (1930) e divenne poi aiuto regista di B. Viertel, accanto al quale lavorò per quattro film tra il 1930 e il 1932. Aiuto di B. Berkeley per la realizzazione cinematografica delle sequenze coreografiche di The kid from Spain di L. McCarey, ebbe contatti per una breve collaborazione con R. Flaherty. Dopo essere rimasto disoccupato a causa della depressione, Z. accettò un'offerta del Governo messicano e in tale Paese diresse in collaborazione con Paul Strand Redes (Reti, 1934-36), un film di denuncia sociale, imperniato sulla vita della piccola comunità di pescatori di Alvarado. Tornato a Hollywood, Z. vi realizzò, fra il 1937 e il 1942, numerosi documentari per la Metro Goldwyn Mayer. Nel 1942 passò alla regia di lungometraggi di cui il primo fu Kid Glove Killer (Delitto al microscopio). Nel 1944 firmò la sua prima opera significativa: La settima croce, tratta dal romanzo di A. Seghers. Il film seguente, Odissea tragica (1948, due Oscar); coproduzione svizzero-statunitense, indagava la condizione dei bambini europei dispersi e privati dei familiari a causa degli eventi bellici. Legati alla tematica della guerra erano anche i film Atto di violenza (1949), Uomini (1950) e Teresa (1951). Dopo aver vinto un Oscar col Dottor Benjy (1951), Z. realizzò il suo capolavoro: Mezzogiorno di fuoco (1952; tre Oscar), coraggiosa, virile parabola antimaccartista, in chiave western che ottenne un vasto consenso di critica e di pubblico. Il film scandiva (facendo coincidere tempo reale e tempo del racconto) l'angoscia di uno sceriffo che, pur avendo esaurito il proprio periodo di carica, rimane a difendere da solo una cittadina, che i suoi abitanti, per codardia, abbandonerebbero all'arbitrio di un gruppo di fuorilegge. In Mezzogiorno di fuoco il senso della tensione drammatica si univa a una vigorosa capacità di scavo psicologico. Nel 1953 Z. diresse Da qui all'eternità, che ottenne otto Oscar fra cui quello per il miglior film e la miglior regia. Il film, tratto dal romanzo di J. Jones, rappresenta un quadro di vita militare addolcito secondo il costume hollywoodiano, ma pur sempre insolitamente ricco di tratti anticonformistici e di umori polemici e talora dotato di notevole vigore. La personalità di Z., fin qui coerente e stimolante, venne scolorendosi negli anni seguenti: Oklahoma! (1955; due Oscar), mediocre riduzione del musical di Rodgers e Hammerstein; Un cappello pieno di pioggia (1957), efficiente trascrizione del dramma di M. Gazzo; Storia di una monaca (1959), scrupolosa riduzione del romanzo di K. C. Hulme; I Nomadi (1960), da un romanzo di J. Cleary, E venne il giorno della vendetta (1963), Un uomo per tutte le stagioni (1966), Il giorno dello sciacallo (1973) e Giulia (1977) sono le tappe di un cammino più che decoroso, ma che portò tuttavia Z. alquanto lontano dai vivi interessi e dalle feconde inclinazioni realistiche del suo primo ciclo di attività. A volte le tematiche affrontate sono interessanti ma le realizzazioni di questo regista sono ormai ricoperte da una patina di hollywoodismo (Vienna 1907 - Londra 1997).